Coltivare sotto il segno dell’incertezza
L'anno appena trascorso ha dato avvio ad una serie di mutamenti drastici per i sistemi alimentari di tutto il mondo. L'invasione russa ai danni dell’Ucraina ed il conseguente blocco delle esportazioni di grano, posto come ritorsione al duro regime sanzionatorio occidentale, hanno ravvivato le ceneri di una possibile carestia, retaggio che agli europei sembrava un passato ormai lontano. Sebbene le prospettive siano quantomai incerte, molto di quanto accadrà di qui in seguito dipenderà indubbiamente dalle politiche mercatorie che verranno adottate dai Paesi del mondo. Sul fronte orientale, la politica protezionista di Stati grandi importatori come la Cina rappresenterà una variabile rilevante per l'andamento dei prezzi del grano. Neppure il forte dinamismo dell'export italiano ed europeo potrebbe essere infatti sufficiente a frenare l'enorme crescita in valore delle importazioni. Analogamente, la crisi energetica, derivata dal blocco delle importazioni di un bene energetico quale il gas verso l'Europa, e l'inflazione galoppante hanno disegnato, giorno dopo giorno, un quadro critico per il settore agroindustriale, tracciando un destino incerto per il 2023, soprattutto con l'incognita climatica gravante sulle produzioni agricole in qualsiasi stagione. Con una guerra alle porte dell’Unione Europea che sembra destinata a proseguire nell’inverno, il dibattito pubblico incentrato sulla questione energetica non deve trascurare lo stato critico dell’approvvigionamento di risorse fondamentali quali il grano ed i fertilizzanti per l’agricoltura. Lo scarso approvvigionamento di queste materie prime ha disvelato delle debolezze strutturali sia nella produzione interna europea, nonostante la buona tenuta del Mercato Unico – sia nel ventre molle dei Paesi Nordafricani e Mediorientali, dove il congelamento di superpotenze agricole quali Russia, Ucraina e Bielorussia come attori commerciali globali ha posto in allerta la comunità internazionale sulla possibilità di una crisi alimentare di ingente portata, poi fortunatamente scongiurata da un intermittente accordo siglato sotto l’egida dell’ONU. In questo scenario incerto sembra spettare proprio all'Unione Europea il compito di aumentare necessariamente il proprio output produttivo per scongiurare ogni rischio di crisi alimentare, allentare la pressione sui mercati globali immettendo grano europeo, e proporsi come un attore regionale autorevole nel supporto a un vicinato affamato ed instabile, nonché perseguire internamente, con sicura coscienza, il cammino della diversificazione energetica, salvaguardando contestualmente produttori e consumatori dalla tenaglia inflazionistica.